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Misty Copeland: quando la danza classica sconfigge il razzismo.

Misty Copeland: quando la danza classica sconfigge il razzismo.

Classe 1982, solista nel prestigiosissimo American Ballet Theatre di New York, è stata definita una delle persone più influenti al mondo dal settimanale americano Time e recentemente Barbie le ha dedicato una bambola in modo da diffondere la sua storia tutt’altro che semplice: la sua lotta contro la povertà, combattuta a colpi di piroette. Quando si parla della vita di un “big” si è abituati a grandi riconoscimenti, ma per Misty Copeland le cose non sono sempre state così.

Nata a Kansas City nel Missouri, afroamericana, per tutta la vita Misty si è sentita dire che non sarebbe mai diventata una “vera” ballerina: troppo formosa, troppo muscolosa, troppo povera per permettersi degli studi adeguati e soprattutto troppo nera per il balletto classico. Nonostante le avversità, e spinta da un’irrefrenabile passione, Misty inizia il suo percorso di ballerina in tarda età (13 anni), ma matura in fretta e nel corso di tre anni i premi iniziano a fioccare. Dopo un’infanzia trascorsa dividendo camere d’hotel con la famiglia e cinque fratelli, le opportunità si presentano e lo studio, costoso, può procedere allora solo grazie alle borse di studio e a un’adozione che la separa temporaneamente dalla famiglia. Costantemente in lotta con la povertà e con i ferrei canoni estetici che non lasciano spazio alle artiste afroamericane del settore, Misty insegue un sogno e lo coltiva gelosamente con sacrificio e forza di volontà.

 

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Da qui, l’arte e il corpo della ballerina riescono ad imporsi prepotentemente dentro e fuori i teatri, ottenendo un riconoscimento unanime dalla critica e sfociando con la pubblicazione di un libro (Life in Motion, vita in movimento) e la consacrazione con la celebre bambola Barbie a sua immagine e somiglianza. Misty diventa una leggenda, un esempio per le migliaia di bambine afro-americane che, come lei, sognano la danza classica.

«Credo sia meraviglioso che le ragazzine possano giocare con una Barbie con la pelle scura e con un corpo muscoloso, pensando che, se ce l’ho fatta io, anche loro possono realizzare tutti i loro sogni»

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